Oggi è il compleanno di due calciatori che, in modi molto diversi, hanno fatto la storia della MLS: Andrea Pirlo e Josef Martínez . Il primo compie 41 anni, e in MLS ha giocato con New York City FC dal 2015 al 2017. Il venezuelano, invece, di anni ne compie 27, e oggi è la punta di diamante di Atlanta United, e uno dei migliori giocatori dell’intera lega. Attraverso le loro storie vogliamo provare ad analizzare come è cambiato il modo di concepire la MLS da parte del pubblico e dei migliori giocatori: da retirement league a possibile rampa di lancio per le giovani promesse.
Pirlo e Martínez: due modi diversi di affrontare la MLS
Andrea Pirlo e Josef Martínez rappresentano due modi diametralmente opposti di interpretare l’avventura americana da parte dei grandi calciatori.
Pirlo: la MLS come retirement league
Andrea Pirlo ha scelto la maniera più classica di vivere la MLS da parte delle grandi stelle del calcio: più o meno lo stesso di Lampard, Kakà ed Henry, per fare degli esempi. Tutte questi campioni visto la MLS come un campionato da affrontare a ritmi più bassi rispetto a quelli europei, dove andare a chiudere la carriera ammaliando gli spettatori con lampi di classe che non sono abituati a vedere così spesso da quelle parti, aiutando così la stessa lega a crescere, aumentando la propria qualità e la propria appetibilità sul mercato.
Pirlo, infatti, è arrivato a New York City nell’estate 2015, dopo quasi due decenni di successi, ottenuti principalmente con le maglie di Milan, Juventus e della Nazionale italiana, con l’obiettivo di allungare la propria carriera, divertire il pubblico e mettere da parte ancora parecchi soldi. Fin da subito, infatti, come scrivevamo in questo articolo sui migliori centrocampisti che hanno giocato sia in Serie A sia in MLS, il regista bresciano è stato spesso criticato dai fans di NYCFC per il suo apparentemente scarso impegno, ma la sua superiorità era tale che riusciva a dominare il gioco anche muovendosi a ritmi blandi.
Infatti, pur giocando quasi con sufficienza, Andrea Pirlo non ha certo nascosto la sua classe al pubblico americano, che ha potuto godere del privilegio di vedere da vicino uno dei più grandi della storia del calcio nel suo ruolo. In questo modo, Pirlo ha contribuito ad attirare l’interesse degli americani verso il soccer e ha portato molti appassionati di calcio, specialmente italiani, ad avvicinarsi al mondo MLS, aiutando così la lega a crescere, come hanno fatto anche altre grandi leggende che hanno scelto di chiudere lì la propria carriera.
Nonostante sia stato fondamentale per la crescita del campionato, questo modo di affrontare la MLS da parte delle grandi star del calcio europeo, è stato spesso aspramente criticato, in quanto la faceva apparire come una competizione di scarso livello, dove i grandi campioni erano in grado di giganteggiare anche in età molto avanzata e senza doversi troppo impegnare: una retirement league, un buen retiro, in pratica una specie di ricca casa di riposo dei grandi campioni del football.
Oggi, quasi tre anni dopo il ritiro di Pirlo, questo tipo d’interpretazione della MLS da parte dei big del calcio mondiale non esiste quasi più, o al massimo sopravvive in alcuni casi isolati (potrebbe essere quello del Chicharito Hernandez?). Infatti, sono ancora molti i grandi campioni che, in età avanzata intraprendono l’avventura americana, ma la affrontano sempre più spesso col massimo impegno, scegliendo poi altri campionati in cui andare a ritirarsi: gli esempi più illustri sono senz’altro Villa, Rooney e Ibrahimovic.
Insomma, sfatiamo questo mito: la MLS non è più una retirement league.
Martínez: la MLS come opportunità di (ri)lancio
La MLS non è più una retirement league, dicevamo, e se è così, gran parte del merito è di giocatori come Josef Martínez, che scelgono il campionato nordamericano per esplodere e magari attirare l’attenzione di club europei o per rilanciare la propria carriera.
L’attaccante venezuelano, per esempio, dopo alcune stagioni al Torino, dove ha trovato poco spazio nonostante alcune buone prestazioni, sembrava destinato a tornare in Sud America, intraprendendo una carriera da giocatore mediocre e senza più lasciare traccia di sé. Invece ha avuto l’intuizione di scegliere la MLS, un campionato sicuramente di seconda fascia, magari (anche se noi non siamo molto d’accordo) anche inferiore di livello anche rispetto ai migliori tornei sudamericani, ma in cui ha trovato il contesto ideale per crescere. Ad Atlanta, infatti, Martínez si è ambientato subito benissimo, ed ha avuto un impatto devastante fin dall’inizio, segnando 19 gol nelle sue prime 20 partite con i Five stripes. In questi tre anni e mezzo in Georgia, il venezuelano è risultato probabilmente la migliore prima punta del torneo, con 77 gol in 84 partite. Una media gol pazzesca (quasi uno a partita), che ha attirato sicuramente su di lui gli occhi di tante squadre del Vecchio Continente. Ora bisognerà vedere se deciderà di intraprendere di nuovo quella sfida, ma una cosa è certa: in MLS Martínez ha dimostrato a tutti di essere un attaccante fortissimo, rilanciando la propria carriera a livelli, che, quando aveva solamente 23 anni, sembravano ormai irraggiungibili.
Prima di lui, anche Giovinco ha usato la MLS per mostrare al mondo il suo talento, non del tutto espresso in Serie A.
Oggi, sulla loro scia, sono sempre di più i calciatori che scelgono d’intraprendere questo percorso di maturazione e consacrazione in MLS. Questa è soprattutto una tendenza di molti calciatori latinoamericani, che scelgono sempre con maggiore frequenza la MLS non solo come occasione per rilanciare la propria carriera dopo dei fallimenti europei, ma ormai sempre più spesso come tappa intermedia di crescita tra la l’esplosione nel calcio sudamericano e il grande salto in quello europeo. In questo caso, l’esempio più illustre è sicuramente Miguel Almirón, ma giocatori come Ezequiel Barco e il Pity Martínez (Atlanta) sono probabilmente destinati a percorrere la stessa strada, così come, forse, Matias Pellegrini e Julian Carranza (Miami).
Questo nuovo modo di interpretare la MLS da parte di diversi giovani talenti, fa benissimo alla crescita del campionato, sia dal punto di vista tecnico sia da quello della reputazione: infatti, per la lega nordamericana, è molto meglio essere considerata una vetrina in cui mettere in mostra dei possibili futuri campioni, piuttosto che un torneo dove le stelle vanno a ritirarsi. Inoltre, giocatori del genere possono anche essere rivenduti in Europa generando grandissime plusvalenze, come nel caso di Almirón, favorendo anche la crescita economica della lega.
Insomma, le grandi stelle come Andrea Pirlo sono state fondamentali per attrarre una maggiore fetta di pubblico verso la MLS, ma oggi la lega americana, probabilmente, non ha più bisogno di figure così: molto meglio giovani talenti con la stessa fame di Josef Martínez, perché la MLS non è più una retirement league.
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